mercoledì 14 dicembre 2016

Gianlazzaro

 

 

Giocai il mio primissimo torneo ufficiale nella vecchia sede di piazza martiri, a cagliari.

Avevo forse 20 anni o giù di lì, fu stilato l'elenco del primo confronto, mi furono assegnati i neri, con chi? 
Contro Gianlazzaro, stella nascente dello scacchismo italiano, allora diciassettenne e già candidato maestro. 
Non capivo il motivo per il quale tutti mi davano le pacche sulle spalle, cercavano di incoraggiarmi, dicendomi di giocare comunque la mia partita, nemmeno fossi la pecorella sacrificale.
Pensai, e che sarà mai?
Dopo il rito della stretta di mano, iniziò la partita con l'apertura inglese: c4, risposi e5.



Alla 22° mossa avevo già abbandonato. 
L'unica mossa corretta che feci durante quella partita fu la prima, tutte le altre risentivano della pressione esercitata, mossa dopo mossa, da Gianlazzaro.
Un giorno, dopo alcuni anni, forse 4 o 5, o forse oiù, lo rincontrai, gli parlai di quella partita, gli dissi scherzando: "tu hai distrutto una carriera sul nascere".
Sorrise, mi disse che la ricordava bene, ricostruì a mente la partita per filo e per segno senza errori, quando rientrai a casa, col foglietto delle mosse firmato da lui, foglietto che conservo ancora con grande cura, verificai che la partita era andata esattamente come lui la aveva ricostruita. 
Chi è digiuno di scacchi, non crederebbe mai a questo fatto, ma vi assicuro che dopo tanti anni, è riuscito a ricostruire quella partita, sicuramente per lui nemmeno tanto significante. 
 
Dopo tutto questo, concludo che gli scacchisti del suo livello, sono dei mostri di genialità, hanno qualcosa che "noi umani" nemmeno immaginiamo.
Fu per un lungo periodo uno dei più forti giocatori cosiddetti italiani, partecipò a più riprese alle olimpiadi scacchistiche, e come tutti i veri vincenti, si ritirò nel pieno della sua dirompente forza scacchistica.
E' stato, e resta, il più forte scacchista che la sardegna abbia mai espresso.
 
 

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